Un mirabellese in America, la storia di successo del calatino Daniele Gambera

Mirabella ha una grande storia di emigrazione, non solo il nord Europa  ma anche America e Australia. Daniele Gambera ha 45 anni e vive negli Stati Uniti, dove lavora con soddisfazione in una multinazionale dell’informatica.

“Da Mirabella sono andato via nel ’98 e per 17 anni ho lavorato a Roma come analista informatico. Due anni  fa si è presentata l’opportunità di andare in una filiale della Oracle a Colorado Springs negli Usa, vicino Denver. Mi sono trasferito con mia moglie e due figlie che sono ben inserite e parlano perfettamente inglese. Gli Usa mi hanno sorpreso come nazione per le politiche d’integrazione”.

 Hai avuto qualche dubbio prima di compiere questo passo ?

“Sinceramente no, pensavo che avrei stravolto interamente la mia vita ma mi sono trovato in una nazione con gli stessi servizi che ipoteticamente dovremmo avere qui…Colorado Springs è una città da mezzo milione di abitanti con un territorio molto vasto. Il modello urbanistico degli Stati Uniti è quello delle case singole con strade larghe e aiuole. Noi viviamo in una casa indipendente in affitto con il giardino. Gli Usa sono molto basati sui mezzi individuali di trasporto perché i mezzi  pubblici, dal mio punto di vista, sono inesistenti (gli autobus sono pochi e la rete poco utilizzata). Ho avuto a che fare con servizi sociali, previdenziali e fiscali che funzionano bene e se esiste un disservizio si cerca una soluzione in tempi brevi”.

Quali sono le tue prospettive adesso ?

“Non mi sono dato nessuna scadenza, il mio obiettivo minimo è far conseguire alla mia famiglia la doppia cittadinanza.”.

 Sapendo che sei italiano, non hai mai avuto delle difficoltà ?

“Non so se è ipocrisia ma ho sempre trovato gente entusiasta di avermi lì, ho trovato una nazione accogliente che mi ha dato il suo benvenuto”.

Forse perché sei un lavoratore qualificato e non il migrante che viene dal Messico, basti pensare alle politiche di Trump…

”I discorsi che sento sono uguali all’Italia: non li possiamo accogliere tutti, aiutiamoli a casa loro. L’unica differenza è il muro tra Usa e Messico, mentre qui abbiamo il mare. Di questi argomenti non si parla molto e tra Italia e Usa ci sono meno differenze di quanto si possa pensare”.

Qual è la tua mansione specifica ?

“Supporto tecnico per i clienti della mia azienda che usano determinati software e supporto anche i programmatori. Ho avuto un’offerta molto vantaggiosa (ho raddoppiato lo stipendio facendo lo stesso lavoro che avevo a Roma). E’ più facile fare carriera in Usa che in Italia perché c’è più trasparenza e correttezza. La cosa che più mi piace degli Usa è il concetto di ‘accountability’, che in Italia è  sconosciuto. Il termine indica il concetto di responsabilità: c’è sempre qualcuno che, in qualunque contesto, è deputato a rispondere in relazione a un’attività”.

Ti vedo attivo sui social e commenti la vita italiana, come mai ?

“Io mi interesso di tutto ma personalmente non ho nostalgia dell’Italia, anche se mi manca il mio ambiente d’origine… secondo mia moglie l’unica nota negativa può essere il modello sociale che non favorisce le relazioni, visto che non ci sono luoghi d’incontro come in Italia. Chi si è occupato di gestire la nostra integrazione ci ha suggerito di mantenere la nostra lingua d’origine in famiglia, io mi sento ‘maccarisi’ e in casa parlo dialetto”.

Nel contesto americano ti senti più europeo o italiano ?

“Più che un sentimento di appartenenza all’Europa io ne percepisco i vantaggi. Gli americani sono patrioti con un senso di accoglienza ma oggi i tempi sono bui. Io sto bene perchè ciò che mi serve sta nel mio micromondo: me stesso, le mie abitudini e la mia famiglia”.

 

Rosario Scollo

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