WeeKinKiesta femminicidi: Intervista alla Psicologa sui Segnali d’Allarme e la Prevenzione della Violenza di Genere

di Pietro Di Stefano

Intervista alla dottoressa Tiziana Vitale, psicologa clinica, a cui abbiamo chiesto alcuni spunti di riflessione sul fenomeno dei femminicidi .

Dottoressa, proviamo ad entrare nella testa dell’uomo che uccide una donna, che succede?

Negli ultimi 2 anni si è registrato un 30% in più di femminicidio rispetto agli anni precedenti.
In Italia, come tutta la comunità europea.
Nella testa di chi compie quest’atto, c’è proprio una visione di donna oggetto.
Non vede più la donna con la sua soggettività o come la sua compagna e di conseguenza la vuole controllare in tutti gli aspetti della sua vita.
Ha un desiderio ossessivo nei confronti di questa persona, accompagnata da un eccessiva gelosia, per cui poi la donna diventa vittima.

Come bisogna prevenire?

Per quanto riguarda la donna, ci sono dei centri anti-violenza, che accolgono queste donne che hanno bisogno di “AIUTO”.
Questi centri accolgono loro e pure i bambini.
Mentre per quanto riguarda a livello preventivo, campagne di sensibilizzazione e di informazione.
Oggi il femminicidio o la violenza, è proprio un fenomeno che ha delle radici culturali, perché spesso tutto deriva anche dalla famiglia di origine.
Se un bambino vede che il padre picchia la madre, per il bimbo sarà normale fare lo stesso da grande.
Quindi per prevenire ci vorrebbe più informazione sul fenomeno è ancora di più campagne di sensibilizzazione.
Contemporaneamente, si dovrebbero sostenere le donne attraverso dei percorsi psicoterapeutici e dalle Istituzioni in modo che la donna si senta protetta.

Quali sono le prime avvisaglie? Quando una donna deve denunciare?

La violenza non avviene subito, nel senso che inizialmente la persona può iniziare ad avere una violenza fisica minore, qualche spinta o mostrare qualche piccolo atto di gelosia.
Alcune donne che seguo, hanno descritto l’uomo violento, come “Principe Azzurro”, all’inizio è l’uomo perfetto che entra nella tua vita e ti sostiene.
Accanto a questa perfezione si iniziano a vedere i primi segnali, aggressività, manipolazione con scatti di gelosia e soprattutto quello che fa è trattarla come un oggetto, considerandola come un oggetto che deve possedere.
E’ un desiderio ossessivo di possedere la donna, non accettano i no e quindi attuano la violenza, perché in quel momento la donna disobbedisce all’uomo.
Non è più una persona “soggetto” ma una persona “oggetto”
Questi fatti si ricollegano sempre alla figura del Padre Padrone, agli insegnamenti della famiglia.
La figura patriarcale di una volta, ci sono ancora uomini che dentro di loro hanno questa idea.
C’è anche una profonda disuguaglianza di genere, laddove sei vista come donna, l’uomo si permette di usare violenza
Si differenzia dal canone di donna di oggi, dove magari andrebbe rispettata all’interno di una coppia, non andrebbe controllata, senza queste cose il rapporto diventa “Tossico”.
L’uomo che compie queste violenze ha alla base dei disturbi psicologici, schizofrenia, problemi traumatici vissuti nella famiglia di appartenenza.

Una donna che subisce queste violenze a chi dovrebbe rivolgersi?

Il Centro Antiviolenza Thamaia di Catania è uno dei centri che si occupa di questi casi.
La donna picchiata o drogata dovrebbe andare subito anche al pronto soccorso, farsi visitare e denunciare l’accaduto immediatamente senza aspettare o sperare che l’uomo possa cambiare.
A volte la donna che subisce la violenza, pensa di doverla meritare e anche per questo motivo non segnalano alle forze dell’ordine.
Nel momento in cui lei si sente manipolata o deve obbedire si sente quasi in dovere di non segnalare o denunciare.
La donna non subito si rende conto che sta ricevendo i primi sintomi di violenza e tende a perdonare.
Quando se ne rende conto è dopo.
Im realtà ho avuto dei casi, dove, quando la violenza fisica e verbale è veramente forte e ci sono coinvolti anche dei bambini, in quel caso, nella testa della donna, scatta qualcosa e va a chiedere aiuto.
Spesso si arriva alla fine, perché alcune pensano di essere in difetto.
Questa manipolazione dell’uomo, porta alla dona il credere che è giusto subire queste violenze.

Dottoressa la ringraziamo e le auguriamo buon lavoro.

La nostra speranza è che questo non accada più ma la cosa che teniamo a dirvi è DENUNCIATE o SEGNALATE subito.

 

Sport, meditazione e benessere: l’equilibrio tra corpo e mente

Per la società contemporanea, la ricerca del benessere fisico e mentale rappresenta oggi un elemento fondamentale per affrontare lo stress e il ritmo frenetico della vita quotidiana. Sport e meditazione sono due strumenti ideali per raggiungere questo obiettivo, dal momento che entrambi agiscono direttamente sull’equilibrio tra corpo e mente. Vediamo insieme come sport e meditazione si legano e come possono migliorare il nostro benessere psicofisico e la qualità della nostra vita.

L’importanza dello sport per il benessere fisico e mentale

Praticare regolarmente attività fisica è un elemento essenziale per mantenere un corpo sano, prevenire l’invecchiamento precoce e diversi tipi disturbi. Lo sport ci aiuta a mantenere un peso corporeo adeguato, contribuisce a rafforzare il nostro sistema immunitario e a ridurre il rischio di malattie cardiovascolari, come il diabete. Previene persino alcuni tipi di cancro. Inoltre, l’esercizio fisico è anche un potente antidoto contro lo stress, l’ansia e la depressione, poiché stimola la produzione di endorfine, le “molecole della felicità“. Queste che migliorano l’umore e favoriscono il rilassamento, conciliando anche il sonno e il riposo notturno.

Tuttavia, la pratica sportiva non rappresenta un benessere solo per il fisico, ma anche per la mente. Sviluppa e allena la nostra capacità di concentrazione, rafforza la disciplina e aumenta la nostra resistenza. Queste qualità sono fondamentali per affrontare le sfide della vita quotidiana. Inoltre, praticare sport in gruppo favorisce la socializzazione, crea nuovi legami affettivi e alla riduce un senso di solitudine oggi molto diffuso, soprattutto nelle grandi città.

Lo sport e la meditazione si incontrano

In questo contesto, la pratica della meditazione sta diventando sempre più popolare tra gli sportivi di ogni livello e di tutto il mondo. Negli ultimi anni lo hanno dichiarato diverse star dello sport: il cestista NBA, LeBron James, sostiene che la pratica della meditazione lo aiuti a mantenere la concentrazione e la calma sul campo. Lo stesso sostiene anche il tennista serbo Novak Djokovic, che grazie alla meditazione gestisce al meglio lo stress. Sempre più sportivi, anche a livello amatoriale, accompagnano la loro pratica alla meditazione e allo yoga, parlando con soddisfazione dei benefici che ne conseguono.

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Fonte: Pixabay Autore: leninscape

Gli sport mentali e il poker professionistico: la meditazione come chiave di successo

La meditazione si rivela un elemento chiave anche e soprattutto negli sport mentali. Il poker è un caso esemplare in questo senso. Molti coach di poker raccomandano diverse tecniche di meditazione per superare i momenti di pressione psicologica che più influiscono sulla performance agonistica. In questo tipo di sport, infatti, la componente psicologica riveste un ruolo fondamentale per il successo. In queste discipline, infatti, è necessario mantenere una concentrazione costante, gestire lo stress e l’ansia, prendendo decisioni rapide e accurate in momenti di grande tensione. Per questa ragione, i coach di poker professionistico raccomandano spesso ai propri allievi di praticare la meditazione per sviluppare la capacità di “staccare” la mente dalle emozioni negative e dai pensieri distruttivi, favorendo così la concentrazione e la lucidità mentale. Praticare la meditazione può favorire l’autocontrollo e la capacità di gestire lo stress, qualità fondamentali per un giocatore professionista di poker.

La meditazione come strumento di equilibrio e benessere per mente e corpo

Negli ultimi anni, diversi studi scientifici hanno dimostrato i benefici della meditazione: riduce lo stress e l’ansia, migliora la memoria e stimola la creatività, portando a una crescita del benessere generale di un soggetto. Si è riscontrato che la meditazione può anche avere effetti positivi sulla salute fisica: la meditazione può essere un’occasione per imparare a rilassare il corpo e la mente, favorendo il recupero fisico e mentale dopo una sessione di allenamento intenso. È possibile associare la meditazione a tecniche di respirazione profonda, attraverso il rilassamento muscolare progressivo o la visualizzazione guidata per potenziare gli effetti rilassanti. È scientificamente provato che questo migliori il sistema immunitario, riduca la pressione sanguigna e aiuti il rilassamento dei muscoli.

Esistono diversi tipi di meditazione. Questa è, infatti una pratica millenaria, che si è diffusa in contesti culturali in molti differenti. Ogni tipologia di meditazione ha il suo metodo specifico. A tal proposito possiamo annoverare la meditazione di consapevolezza (mindfulness), la meditazione trascendentale o la meditazione guidata. Si consiglia sempre sperimentare diverse tecniche per trovare quella che si adatta meglio alle proprie necessità e preferenze.

L’unione di sport e meditazione può rappresentare una chiave di successo non solo per gli atleti e i giocatori di poker, ma anche per chiunque desideri migliorare il proprio benessere e la propria qualità di vita.

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Fonte: Pixabay Autore: lograstudio

Lo sai che non tutti riconoscono i volti delle persone?

Lo sai che la prosopagnosia è un deficit cognitivo-percettivo? Chi soffre di questa malattia è incapace di riconoscere le facce delle persone note e, talvolta, perfino il proprio volto, quando si guarda allo specchio od osserva una sua foto.

Può essere di due tipi: acquisita o congenita. Il primo tipo è una condizione che un individuo può sviluppare a seguito di una lesione a carico dell’area temporo-occipitale dell’emisfero cerebrale destro; il secondo tipo, invece, è una condizione dalle cause sconosciute, presente fin dalla nascita e a dispetto di un encefalo sano.

Il siro My personal trainer riporta che: «nelle sue forme più gravi, la prosopagnosia può compromettere: la capacità di riconoscimento delle espressioni facciali, la capacità di stimare anche solo in modo approssimativo l’età di una persona, la capacità di stabilire il sesso di un individuo, la capacità di riconoscere sé stessi in una foto, la capacità di distinguere oggetti o animali e la capacità di riconoscere un luogo familiare».

Questo deficit comporta gravi ripercussioni sulla vita sociale del soggetto, portandolo allo sviluppo di depressione e fobia sociale. I test diagnostici sono di vario genere e alcuni molto semplici. Ad esempio, si chiede al paziente di riconoscere dei personaggi famosi partendo da delle foto. Purtroppo, al momento attuale, non esiste alcuna terapia che guarisca dalla prosopagnosia. I pazienti, tuttavia, possono rimediare alle loro incapacità riconoscendo le persone dalla voce, dall’abbigliamento, dall’acconciatura ecc.

 

E tu? Lo sapevi? Ti aspettiamo ogni giorno alle 18 con Punti di Mente e ogni venerdì rispondiamo alle vostre domande. Mandate le vostre domande sulla psicologia a [email protected]

Immagini di repertorio
Fonte articolo: My-personaltrainer.it

Stressato dal lavoro? Ti manda in fumo il cervello? Potresti soffrire questa sindrome

Lo sai che non è sempre semplice stress quello causato da lavoro? Infatti esiste una vera e propria sindrome da Burnout, letteralmente significa bruciato o consumato, esausto.  Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), il burnout è una sindrome derivante da stress cronico associato al contesto lavorativo, che non riesce ad essere ben gestito.

I sintomi sono ben intuibili: ci sono piccoli campanelli d’allarme che compongono un processo graduale, parliamo di insonnia, cefalea, mal di stomaco, insofferenza per i turni e poca motivazione per lo svolgimento dell’attività lavorativa. Questi sintomi devo essere limitati all’attività lavorativa ed è da differenziare da stress cronico, disturbi d’ansia e fobie specifiche, disturbi dell’adattamento e disturbi dell’umore, fra cui la depressione.

Nella maggior parte dei casi il burnout, si sviluppa in modo subdolo: spesso, chi ne soffre non se ne accorge e considera normali i primi campanelli d’allarme, come insonnia, cefalea, mal di stomaco, insofferenza per i turni e poca motivazione per lo svolgimento dell’attività lavorativa.

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Fonte articolo: My-personaltrainer.it

Lo sai che oggi Aaron Beck compie 100 anni, chi è?

Lo sai che oggi è il centesimo compleanno dello psichiatra Aaron Beck? Parliamo di uno psicoterapeuta considerato tra i padre fondatori della terapia cognitiva. Il suo approccio terapeutico è ampiamente utilizzato nella pratica clinica. Back nasce da genitori russi ma di origine ebraica. La sua vita è caratterizzata da esperienze formative e professionali nell’ambito neuropsicologico ed una breve esperienza psicoanalitica.  Alla fine degli anni cinquanta inizia a lavorare su un approccio psicoterapeutico basato sull’assunto “there’s more to the surface than meets the eye” (“ci sono più cose in superficie di ciò che incontra l’occhio”) inverso a quello sviluppato dalla psicoanalisi.

Anche la sua vita privata è molto interessante. Infatti, Beck si è sposato nel 1950 con Phyllis, primo giudice donna presso la corte appello della Commonwealth of Pennsylvania, da cui ha avuto quattro figli.

Divenne psichiatra nel 1950 presso l’ Austen Riggs Center, ospedale psichiatrico privato nelle montagne di Stockbridge, Massachusetts, e vi rimase fino al 1952. Nel 1954 lavora con Kenneth Ellmaker Appel, psicoanalista che fu presidente dell’Associazione Psichiatrica Americana, e contemporaneamente iniziò la formazione formale in psicoanalisi.

La sua prima ricerca è in collaborazione con Leon Saul, uno psicoanalista noto per i metodi poco ortodossi applicati alla terapia. Insieme, svilupparono dei questionari per quantificare i processi dell’ego nel contenuto manifesto dei sogni. In questi anni iniziò a nutrire tanti dubbi nei confronti della psicoanalisi e, di conseguenza, sviluppò le prime teorie sulla depressione che culimarono con la creazione di un test, il Beck Depression Inventory, pubblicato nel 1961 e ancora ampiamente utilizzato nella clinica e nella ricerca.
Così, nel 1962 si dedicò allo studio di schemi e di pensieri tipici della depressione e diede inizio a un nuovo approccio, la terapia cognitiva, che si basava su un importante rapporto tra pensieri, emozioni e comportamenti.

Lo sai cos’è la CBT? Vieni definito dal sito centroetaevolutivo.it come: «La psicoterapia cognitivo-comportamentale è una forma di terapia psicologica che si basa sul presupposto che vi sia una stretta relazione tra pensieri, emozioni e comportamenti. Dunque per la psicoterapia cognitivo-comportamentale i problemi emotivi sono influenzati da ciò che pensiamo e facciamo nel presente.»

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Fonte articolo: stateofmind

Lo sai che imprecare e dire parolacce riduce dolore e stress?

Lo sai che quando urti qualcosa o qualcosa va nel verso sbagliato, imprecare o sfogarsi dicendo parolacce ridurrà il dolore e lo stress. Anche se usare un linguaggio colorito e scurrile, spesso viene visto ineducato e attira occhiatacce, ha degli effetti positivi. Secondo uno studio della Keele University, pubblicato sulla rivista NeuroReport, imprecare e dire parolacce ha un effetto analgesico e lenitivo sul dolore. Lo studio condotto dallo psicologo Richard Stephens e i suoi colleghi, chiedeva a 64 studenti dell’ateneo di immergere una mano nell’acqua gelata e tenerla a bagno il più a lungo possibile, ripetendo una parolaccia a loro scelta. Hanno poi ripetuto l’esperimento, con un gruppo di controllo, obbligando i volontari a non imprecare. Dal test è emerso che parolacce e volgarità hanno aiutato a tenere la mano nell’acqua ghiacciata per un periodo più lungo.

Lo sai che secondo lo psicologo, l’effetto analgesico delle parolacce deriverebbe dall’aumento dell’aggressività scatenato dalle imprecazioni. Arrabbiarsi aumenta la frequenza cardiaca, stimola la produzione di adrenalina e innalza la soglia di sopportazione del dolore. Lasciarsi andare a parolacce, improperi e imprecazioni è quindi una risposta sia emotiva che fisica del nostro organismo quando si trova in difficoltà.

Nonostante agli occhi degli altri, risulteremo sgradevoli, quando sbattiamo il mignolo del piede contro il comodino o ci tagliamo un dito con la carta, imprechiamo e sfoghiamoci: dolore e stress subito decimati!

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Fonte articolo: psyched

«Perché ho paura dei ragni?». Ecco le risposte di Prima Stampa

Ragni, piccole figure raccapriccianti per una gran parte della popolazione. Ad oggi esistono circa 42.000 specie di ragni, grandi e piccoli, velenosi e innocui. Per chi soffre di aracnofobia, la dimensione o tipologia di ragno è influente, il ragno rappresenta un pericolo.

«Perchè ho paura dei ragni?» ci chiede la nostra giovane lettrice L.G., e come lei molti di pongono questa stessa domanda. Quasi tutte le tipologie di fobie, inclusa l’aracnofobia, sono strettamente correlate a disturbi di tipo psicologico. Questi piccoli esserini, con tante zampette e occhi, popolano le ossessioni e gli incubi notturni non solo dei più piccini. Ma questo è solo un espediente per mirare le nostre fobie su qualcosa.

Come riporta il sito my-personaltrainer.it: «la dilatazione delle pupille alla vista della “bestia”, la pelle d’oca, la percezione che quel ragno lontano stia accarezzando la pelle, l’aumento della frequenza cardiaca ed il senso di nausea sono solamente frutto dell’immaginazione: nulla è reale. Riflettendo: come sarebbe possibile che questi piccoli animali possano arrecare danno all’uomo? L’aracnofobico non deve credere di essere un succulento bocconcino per il ragno: la paura è infondata.»

Sarà pure una paura infondata, ma esiste! Vi è una cura? Strano o forse scontato, ma basta volerlo. Per molti l’aracnofobia è realmente una malattia da cui guarire. Infatti, la paura per i ragni, limita il vivere sereno di molti, intralcia azioni quotidiane e, a volte, anche lavorative. Per guarire potrebbe essere utile una terapia per rintracciare un possibile trauma, ma c’è un solo modo per guarire: voler superare l’ostacolo lavorare su se stessi.

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Immagini copertina «Lucas the spider» by Joshua Slice
Fonte articolo: my-personaltrainer.it

Lo sai che puoi diventare un genio come Sherlock Holmes?

Lo sai che non è così difficile riuscire a diventare un super memorizzatore? I film di Sherlock Holmes hanno sempre portato una certa invidia in noi comuni mortali, non solo per le fantastiche intuizioni, ma soprattutto per le gradi doti mnemoniche del protagonista. Holmes fa spesso riferimento al trucco del palazzo della memoria per conservare e rianalizzare i ricordi e il sapere acquisito.

Tale trucco permette di ricordare una serie di nomi immaginando di collocarli in luoghi fisici conosciuti permette, con un po’ di allenamento, di raddoppiare il numero di parole rievocate, sia nel breve periodo sia a diversi mesi di distanza.

Lo sai che questa tecnica esiste davvero? Risale al 550 a.C. con Simonide di Ceo, un poeta lirico dell’antica grecia, anche se è giunta ai giorni nostri grazie a Cicerone. E’ una vera intuizione, dato che, in tale tecnica si considerava già l’esistenza di due memorie diverse: a breve e a lungo termine.

La tecnica è apparentemente molto semplice: in un primo momento bisogna afferrare i pensieri per mezzo delle immagini e afferrare l’ordine per mezzo dei luoghi. Il primo passo si riferisce alla capacità di trasformare in immagini quello che vogliamo ricordare, mentre il secondo parla dei luoghi, o “loci”. Cicerone quindi creava dei veri e propri percorsi in spazi a lui famigliari (come ad esempio la propria casa o le strade che percorreva), identificava in ciascun percorso, una dopo l’altra, delle “stazioni” o stanze e, infine, associava ad ogni stazione una delle immagini che doveva ricordare.

Con questa tecnica si “passeggia” mentalmente nel percorso che abbiamo creato, camminando attraverso le immagini. Una tecnica che richiede molto impegno ed esercizio ma che di certo permette di ottenere delle prestazioni da grande memorizzatori.

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Lo sai che il cuore infranto o crepacuore è una vera malattia?

Lo sai che anche piccoli eventi negativi che vivi portano dei disagi al tuo cuore? Il cuore infranto, o crepacuore, è veramente una sindrome e non una semplice credenza. Parliamo di una cardiomiopatia non ischemica temporanea, che scaturisce da una situazione stressante o emotiva molto intensa, come un lutto improvviso, la fine di un amore o un evento spiacevole in generale.

Meglio conosciuta come sindrome di Takotsubo, questi eventi sono una sofferenza generalmente temporanea del cuore, che mima i sintomi dell’infarto. Parliamo di una cardiomiopatia perché affettivamente porta delle modifiche al miocardio, ma non ischemica perchè non comporta alcuna interruzione del flusso del sangue diretto al cuore. Nonostante i sintomi siano simili a quelli di un infarto, le conseguenze sono ben diverse. Infatti questa sindrome si risolve senza effetti collaterali importanti. La similarità con l’infarto, rende necessario eseguire tutti gli esami di routine: ad esempio esame obiettivo, elettrocardiogramma, ecocardiogramma, coronarografia.

Lo sai che il nome non è quello di chi ha scoperto questa sindrome? Le prime descrizioni della sindrome di Takotsubo risalgono ai primi anni ’90 del Novecento e appartengono a un team di ricerca Giapponese. Il nome è stato scelto per un motivo ben preciso: dalle immagini ottenute da ecocardiografie o risonanze magnetiche, il  ventricolo sinistro del paziente assume una forma del tutto simile al takotsubo. Quest’ultima è una parola giapponese e fa riferimento a una sorta di pentola/cestello usata/o dai pescatori giapponesi per la cattura dei polpi.

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Fonte articolo: my-personaltrainer.it

Lo sai che il mondo non è così pericoloso come pensi?

Lo sai che in realtà è sempre il momento giusto per un viaggio all’estero? Quante volte capita di avere una voglia matta di prendere l’aereo e partire per un posto lontano. Fare una pazzia per sentire di nuovo il brivido della gioventù, ma subito qualcosa ci riporta con i piedi a terra. Questa destinazione è pericolosa, ci sono gli attacchi terroristici, in quell’altra rapiscono la gente, lì ci sono disastri naturali e lì quelli nucleari. Il mondo è troppo pericoloso per una vacanza. Ma è davvero così?

Lo sai che questa è la Mean World Syndrome? La sindrome del mondo cattivo è un bias cognitivo cioè una distorsione cognitiva di deviazione dalla norma o dalla razionalità nel giudizio. Secondo Wikipedia: “in psicologia indica una tendenza a creare la propria realtà soggettiva, non necessariamente corrispondente all’evidenza, sviluppata sulla base dell’interpretazione delle informazioni in possesso, anche se non logicamente o semanticamente connesse tra loro, che porta dunque a un errore di valutazione o a mancanza di oggettività di giudizio”.

Nel caso della Mean World Syndrome, tendiamo a percepire il mondo come più pericoloso rispetto alla realtà, questo è dovuto alla frequente esposizione a cattive notizie. Infatti i mas media, tendono a dare più spazio alle notizie tragiche, come attentati e disastri di ogni genere, e meno spazio a notizie di tipo culturale o curiosità sul mondo. In questo modo il nostro cervello percepisce solo gli aspetti negativi e pericolosi del mondo, e non quelli positivi.

Molti studi hanno evidenziato come chi guarda più notiziari, soprattutto in America, è più soggetto a soffrire di depressione, ansia o di sviluppare dipendenze da alcool o droghe.

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Fonte articolo: psyched