Nursind ai tempi Coronavirus, intervista a Salvatore Vaccaro segretario territoriale di Catania

Ai tempi Coronavirus, intervista a Salvatore Vaccaro segretario territoriale di Catania vice segretario nazionale Nursind

Certamente il personale infermieristico di questi tempi, caratterizzati dall’emergenza coronavirus, è ancora al centro di quasi ogni questione. Siamo infinitamente grati a loro, ma loro cosa chiedono in cambio? Parlando di diritti ovviamente, perché per il servizio che stanno garantendo, veramente non c’è prezzo. Abbiamo intervistato Salvatore Vaccaro, segretario territoriale di Catania e vice segretario nazionale Nursind.

Il vostro manifesto è eloquente, quale la vostra posizione sul premio di 100 euro inserito dal governo nel decreto cura Italia? «Abbiamo assunto una posizione estremamente critica nei confronti del decreto governativo perché oltre ad essere una cifra irrisoria, arriva in un momento in cui stiamo vedendo infermieri di tutta Italia ammalarsi per carenza di dispositivi di prevenzione e perché si sono fatte politiche sbagliate sul personale che è stato notevolmente ridotto.

A far da cornice il taglio dei posti letto e il definanziamento del SSN spesso a favore del privato. I cento euro, tra l’altro, sono proporzionati alla presenza in servizio e quindi per alcuni saranno ancora meno. Tanto valeva non dare nulla, con la promessa che si sarebbe provveduto a riequilibrare la bilancia in seconda battuta. Così come abbiamo più volte scritto hanno il sapore di elemosina, una mancetta».

I centri Covid Regionali, sono organicamente coperti?Le professionalità e le strutture sono adeguate all’emergenza? «Bisogna vedere cosa intendiamo per centri Covid. Ad aggi abbiamo in realtà alcune strutture che si stanno organizzando velocemente per ospitare i pazienti Covid Positivi con notevoli difficoltà.

Dal punto di vista numerico manca il personale altamente specialistico. Parlo di infermieri esperti di rianimazione, malattie infettive, anestesisti e medici d’urgenza. Nel passato le politiche nazionali e regionali sono state straordinariamente carenti da questo punto di vista. Oggi gli ospedali sono sguarniti principalmente di personale specializzato. Questo rappresenta un grosso limite qualora nella nostra regione si verificasse una rilevante espansione del contagio.

Pensi che solo all’ASP di Catania mancavano, prima dell’emergenza, 200 infermieri per arrivare alla dotazione organica piena secondo standard già al ribasso».

Quali ripercussioni possono avere gli operatori sanitari in questa gestione dell’emergenza? «Come ho detto pocanzi, il personale sanitario è fortemente a rischio. I dati in Lombardia ci dicono che il 10% del personale sanitario risulta positivo senza e con sintomi. In quella regione è stato fatto l’errore di non predisporre più i tamponi ai sanitari. Spero vivamente che la Sicilia non ripeta lo stesso errore.

Un Infermiere positivo è una vera è propria bomba biologica che rischia di infettare molte persone prima di ammalarsi più seriamente. Un infermiere positivo ma asintomatico invece può comunque essere contagioso ed essere, più pericolosamente, un vero e proprio vettore della malattia.

Ecco perché occorre fare 2 cose: la prima preservare il personale sanitario il più possibile attraverso quantitativi adeguati di dispositivi di protezione individuale, il secondo fare per i sanitari tamponi a tappeto in modo da mettere gli stessi in isolamento qualora fossero trovati positivi, interrompendo così la catena dei contagi dal personale sanitario verso i pazienti e tra personale sanitario».

I dispositivi di sicurezza sono adeguati e disponibili? «No. Non sono ne adeguati né disponibili. Le mascherine vengono centellinate, la formazione è stata fatta solo da alcune aziende a pochi e, in alcuni casi, le informazioni non vengono trasmesse agli operatori; ciò è gravissimo. Si stanno utilizzando mascherine di scarsissima qualità e in scarsa quantità.

Alcuni infermieri si sono ammalati gravemente, altri purtroppo hanno perso la vita aiutando gli altri. Quelli a cui stiamo assistendo sono fatti estremamente dolorosi che andranno valutati attentamente al termine dell’emergenza. Se ci sono responsabilità gravi andranno denunciate alla magistratura.

Adesso c’è la priorità di proteggere il personale sanitario e la politica deve fare l’impossibile, non possiamo accettare ancora dopo mesi di continuare ad elemosinare i presidi per proteggersi. Riceviamo ogni giorno decine di segnalazioni e ho la sensazione che in alcuni casi si continua a perdere tempo prezioso».

Le assunzioni di questi giorni con incarico di 6 mesi, saranno poi stabilizzate? «Non credo. La stabilizzazione deve avvenire per legge e su requisiti specifici. Aver fatto 6 mesi, a legislazione vigente, non può determinare di per se la stabilizzazione del personale coinvolto.

E’ anche vero che questo personale in qualche modo dovrà essere premiato, ma ciò non può essere stabilito certo in questo momento. Ci auguriamo intanto che i contratti vengano rinnovati anche in soprannumero. Ci vorrà del tempo affinché la sanità possa tornare alla normalità e ci sarà bisogno di ulteriori forze».

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