Caltanissetta, caporalato e lavoro nero: la Polizia di Stato ha eseguito dieci misure cautelari. Nell’inchiesta coordinata dalla Procura della Repubblica è emerso che i lavoratori, pagati meno di quattro euro l’ora, erano privi di contratto, copertura previdenziale e assicurativa e riposi settimanali.
Thank you for reading this post, don't forget to subscribe!I poliziotti della D.I.G.O.S. della Questura di Caltanissetta hanno eseguito dieci misure cautelari, richieste dalla Procura della Repubblica di Caltanissetta ed emesse, nel corso delle indagini preliminari, dal GIP presso il locale Tribunale, nei confronti di alcuni cittadini stranieri gravemente indiziati di appartenere ad una consorteria criminale finalizzata a reclutare manodopera straniera, in larga parte di nazionalità marocchina, da destinare al lavoro nelle campagne limitrofe al capoluogo nisseno in condizioni di sfruttamento.
Le risultanze investigative hanno permesso di acquisire un quadro indiziario grave anche a carico di alcuni proprietari terrieri e imprenditori agricoli della provincia nissena e agrigentina per il reato di “intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro”, in quanto avrebbero utilizzato, assunto o impiegato la manodopera straniera reclutata dalla presunta organizzazione criminale, sottoponendo reiteratamente a condizioni di lavoro lesive della dignità, della sicurezza e della salute, approfittando dello stato di bisogno in cui i lavoratori versano. In particolare, sono state applicate due custodie cautelari in carcere e otto agli arresti domiciliari.
I suindicati gravi indizi riguardano tutti gli indici di sfruttamento contemplati dalla norma incriminatrice: reiterata corresponsione di retribuzioni nettamente inferiori a quelle previste dai contratti collettivi, e comunque sproporzionato al monte ore giornaliero lavorato; reiterata sottoposizione a turni di durata superiore a quella consentita, negazione di ogni diritto in materia di malattia, riposo settimanale e ferie; violazione della normativa in materia di sicurezza e igiene sui luoghi di lavoro, anche per quanto attiene ai controlli sanitari su conducenti dei camion e alla revisione dei mezzi di trasporto; sottoposizione a metodi di sorveglianza.
Nel corso delle indagini della Digos è emerso che gli stranieri reclutati avrebbero percepito per una media di 8/9 ore di lavoro giornaliero un salario che si aggirava tra i 30/35 euro per ogni giornata lavorativa, ulteriormente decurtato di circa 5/10 euro per le “tasse giornaliere” che sarebbero state imposte dagli autisti membri della presunta organizzazione criminale per le spese di trasporto dei lavoratori presso le aziende agricole e per la manutenzione dei mezzi utilizzati per svolgere tale attività; non avrebbero utilizzato quasi mai dispositivi di protezione individuale; spesso sarebbero stati costretti a lavorare anche la domenica; sarebbero stati controllati durante la giornata dal capo dell’organizzazione, o in sua vece dai sodali, o dai proprietari terrieri, con la minaccia di non essere più impiegati qualora non avessero svolto “ad arte” il lavoro di volta in volta assegnatogli.
Sono diversi gli episodi registrati in cui alcuni operai, nonostante avessero manifestato malesseri o impellenti necessità familiari durante la giornata lavorativa, sarebbero stati costretti a rimanere sul luogo di lavoro fino alla fine della giornata e a riprendere l’attività, pena minacciata esplicitamente della perdita di ogni futura opportunità lavorativa.