Slavoj Zizek: il Coronavirus può darci un nuovo senso di comunità

Slavoj Zizek: il Coronavirus può darci un nuovo senso di comunità. Il filosofo sloveno ci parla del virus come nuova possibilità per la società.

Slavoj Zizek. Il noto filosofo sloveno, tra gli esperti più importanti di marxismo, idealismo e materialismo, affronta il tema dell’emergenza sanitaria attraverso il suo ‘Virus – catastrofe e solidarietà’ (editore Ponte alle Grazie), un ebook in continuo aggiornamento giunto all’ottava edizione. Il libro contiene undici saggi brevi che ci offrono spunti di riflessione sulla necessità di un cambiamento della società, con la consapevolezza che si impone un cambio di marcia nella politica dei governanti e nella partecipazione dei cittadini. Stranamente il virus può rivelarsi occasione preziosa per rivedere gli assetti politici e socio-economici del mondo in una prospettiva di benessere globale per una comunità più democratica ed egualitaria, anche se questo pensiero può restare un’utopia e si corre il rischio, alla fine della pandemia, che la realtà ritorni ad essere come la conosciamo.

“Un nuovo senso di comunità, una sorta di nuovo pensiero comunista. Per battere il virus servono coordinamento e cooperazione globale. Ci accorgiamo di aver bisogno gli uni degli altri come non era mai accaduto prima” dice l’autore dalla sua casa di Lubiana. “Stiamo vivendo in un modo che pochi mesi fa sarebbe stato impensabile. C’è chi teme che i governi approfitteranno del virus per controllarci tutti. Ma io non credo a nuovi totalitarismi, semmai ho paura che aumenti la sfiducia verso le istituzioni. Dovremmo trovare un modo per ricostruire la fiducia. Il virus mostra che sta a noi, ai cittadini, sottoporre a maggior controllo chi ci governa. La peculiarità davvero strana è il carattere non apocalittico di questa epidemia, non è un’apocalisse nell’accezione comune di distruzione totale del mondo. Forse, venisse pure scoperto il vaccino antivirale, continueremo a vivere sotto la minaccia di un’altra epidemia o catastrofe ecologica”.

Quindi va rivisto il ruolo dell’economia? “Gli sforzi delle singole nazioni non bastano, occorre la solidarietà. Dovremmo semplicemente aggirare la logica della redditività e cominciare a pensare alla capacità della società di mobilitare le risorse per assicurarsi un buon andamento. I governi devono considerare i servizi pubblici un investimento piuttosto che obbligazioni, e trovare modi per contenere la precarietà del mercato del lavoro. L’assistenza sanitaria, l’ecologia globale, la produzione e la distribuzione alimentare, l’erogazione di acqua e corrente, il regolare funzionamento delle linee telefoniche e di Internet – tutto questo deve restare, ogni altra cosa è secondaria. La ridistribuzione figurerà di nuovo nei programmi”.

Come stiamo vivendo oggi? “Siamo più isolati, ma anche più dipendenti. Viviamo un imperativo paradossale: ci mostriamo solidarietà non avvicinandoci gli uni agli altri. Non sono un ottimista, ma questo rispetto presuppone un cambiamento in atto che sopravviverà alla crisi. Abbiamo bisogno di un orizzonte di speranza e nuove storie che forniscano a tutti noi un’idea realista e non catastrofica della strada da prendere”.

Foto articolo: Copertina

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