Paternò, cinque arresti nel clan Santapaola-Ercolano

Un sedicenne, insieme ad altri ragazzi, era andato a rubare all’interno in un casolare abbandonato di Contrada Patellina, alla periferia della città di Paternò, con la speranza di trovare qualcosa di interessante da poter rivendere e guadagnare qualche euro. Tra la sorpresa generale del ragazzo e dei suoi amici, il sedicenne ha trovato delle munizioni: 11 proiettili per fucile calibro 12 e 56 proiettili di vario calibro, per pistole e fucili 7,65, ben nascoste e le ha portate via. Il sedicenne di questa storia ha deciso di non tenerle per sé, ma pensando che poteva avere problemi, ha deciso di consegnarle a Consolato Emanuele Pedalino, uomo appartenente al clan Santapaola-Ercolano, che utilizzava quel casolare che, appena ricevute le munizioni, ha alzato il tiro e ha chiesto al sedicenne 2 mila euro pena risarcimento per alcune armi che sarebbero state dentro il casolare e che il gruppo dei ragazzini aveva fatto sparire.

Per rafforzare questa tesi il Pedalino ha colpito con degli schiaffi ed un frustino da cavallo il ragazzo, oltre a minacciarlo con veemenza. Il ragazzo ha negato il ritrovamento delle armi ed ha raccontato tutto a suo padre. Da quel momento, nella famiglia del sedicenne, è finita la pace. Il papà del sedicenne è stato anche aggredito con schiaffi e pugni nella centralissima via Teatro da altre persone, ed in particolare da Rosario Cunsolo che, insieme al figlio Filippo Cunsolo, ha confermato di volere 2 mila euro per chiudere tutta la vicenda, perché quel casolare era loro territorio e, l’invasione fatta dai ragazzi, non era stata gradita. La vittima, nel tentativo di trovare una via di fuga, si è rivolta a Barbaro Messina e Giuseppe Amantea, due persone che orbitano nel mondo della malavita organizzata e appartenenti anche loro al clan Santapaola-Ercolano. Ma i due personaggi, invece di aiutare il padre del ragazzo, hanno aumentato il “pedaggio” chiedendo al padre di aggiungere 500 euro, come acconto, per risarcire la sparizione delle armi. Anche per loro le armi si trovavano nel casolare abbandonato, mentre per i ragazzi no. Il padre del sedicenne, impaurito, visto il pericoloso andazzo della storia, lo scorso mese di giugno, ha deciso di denunciare tutto ai carabinieri della compagnia di Paternò, che hanno messo fine al suo incubo.

Subito dopo la denuncia ricevuta, i militari hanno fatto scattare le indagini coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia della Procura della Repubblica di Catania, grazie anche a delle intercettazioni e servizi di osservazione controllo e pedinamenti, hanno potuto accertare la veridicità del racconto delle vittime. Da questo il Gip del Tribunale del capoluogo etneo ha emesso la misura cautelare e l’arresto dei cinque indagati, ritenuti legati al clan catanese dei Santapaola-Ercolano, nell’ambito di un’operazione denominata “Nerbo“. Tutti dovranno rispondere dell’accusa di estorsione in concorso pluriaggravata. Si tratta di: Giuseppe Amantea, del fratello Francesco Amantea, attualmente detenuto e sottoposto al regime del 41/bis, cognato del boss Turi Assinnata; ed ancora di Barbaro Messina, ritenuto il braccio destro di Giuseppe Amantea; Filippo Cunsolo, il figlio Rosario Cunsolo ed il nipote Consolato Emanuele Pedalino. Per chiudere il cerchio e mettere le mani sugli indagati, sono scesi in azione 50 carabinieri della Compagnia di Paternò e dello squadrone elitrasportato cacciatori di Sicilia.

(articolo scritto in collaborazione con Salvo Re)

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