Intervista all’Onorevole Fabio Porta: L’emigrazione italiana in Brasile e le sue lezioni per l’Italia di oggi
Articolo di Paolo Buda
L’Onorevole Fabio Porta, originario di Caltagirone ed eletto nelle file del Partito Democratico per la circoscrizione estero America meridionale, ha condiviso le sue riflessioni sul fenomeno migratorio, mettendo in parallelo l’esperienza storica italiana in Brasile con le sfide attuali dell’immigrazione in Italia e in Europa.
La comunità italiana in Brasile: 150 anni di storia
“La comunità italiana in Brasile ha recentemente commemorato i 150 anni dal suo primo arrivo organizzato” esordisce Porta. “Sebbene gli italiani fossero presenti in Brasile anche prima, si è scelto il 21 febbraio 1874 come data simbolica, quando avvenne il primo sbarco nella città di Vitória, nello stato di Espírito Santo“.
Oggi, la comunità italo-brasiliana è la più grande al mondo, contando tra i 30 e i 35 milioni di persone. “Hanno affrontato enormi sfide” spiega Porta, “da un paese distante e immenso, con un clima e una cultura tropicale molto diversi dall’Italia. Tuttavia, queste sfide si sono trasformate in opportunità che gli italiani hanno saputo cogliere meglio di altre comunità straniere“.
L’impatto della comunità italiana in Brasile è stato profondo e duraturo. Porta sottolinea: “Oggi la storia, la cultura, la musica, l’arte e lo sport brasiliano sono profondamente segnati dalla presenza italiana“. Questo contributo multiforme ha arricchito il tessuto sociale e culturale del Brasile, creando un legame indissolubile tra i due paesi.
Le principali destinazioni dell’emigrazione italiana
Porta evidenzia che le principali mete di emigrazione in Brasile sono state la città di San Paolo e il sud del paese. “In Sud America in generale, molti italiani, specialmente della Sicilia, si sono stabiliti anche in Argentina e Venezuela, quest’ultimo meta di un’emigrazione più recente nel secondo dopoguerra“.
Parlando specificamente dell’emigrazione dalla sua città natale, Porta aggiunge: “I calatini sono molti anche in Argentina e soprattutto in Venezuela, dove c’è stata una emigrazione più recente nel secondo dopoguerra. Un’emigrazione quindi importante come un po’ da tutto il sud Italia parlando soprattutto del secolo scorso“. Porta specifica:
“È importante segnalare che poi questa migrazione in qualche maniera è continuata anche in epoche più recenti. Mi riferisco a calatini come Padre Enzo Mangano ma anche Giuseppe Romano che sono andati addirittura a Porto Velho, in Rondônia, quindi in città e Stati del Brasile molto più lontani da San Paolo, per motivazioni le più disparate: per lavoro, solidarietà, anche come missionari “.
Lezioni per l’Italia di oggi
Quando gli si chiede quali lezioni l’Italia possa trarre dalla sua storia di emigrazione per gestire meglio l’attuale fenomeno immigratorio, Porta è chiaro: “Il presidente Mattarella, durante la sua recente visita in Brasile, ha indicato il modello brasiliano come un esempio per l’Italia stessa. È un modello di integrazione, inclusione e arricchimento del paese grazie all’esperienza, alla manualità e alle competenze portate dagli emigranti“.
Porta sottolinea che “l’emigrazione, se organizzata, promossa e seguita, può diventare un fattore di sviluppo e non un problema. Questa è la lezione più importante che dobbiamo trarre“. Il modello brasiliano di integrazione potrebbe offrire spunti preziosi per l’Italia nell’affrontare le sfide dell’immigrazione contemporanea, promuovendo politiche che valorizzino il contributo dei nuovi arrivati alla società e all’economia del paese.
L’evoluzione dell’identità italo-brasiliana
Riguardo all’evoluzione del senso di identità degli italo-brasiliani nel corso delle generazioni, Porta cita nuovamente le parole di Mattarella: “Il brasiliano dimostra di essere orgogliosamente brasiliano, appartenente a questo paese e a questa cultura, ma altrettanto orgogliosamente legato alle proprie radici e alla storia della propria famiglia“.
Questa doppia appartenenza, secondo Porta, è un esempio di come l’immigrazione possa portare crescita, cultura e sviluppo. “È un modello che l’Italia può approfondire e sfruttare molto bene grazie alla sua propria storia” conclude.
L’esperienza degli italo-brasiliani dimostra come sia possibile mantenere un forte legame con le proprie origini pur integrandosi pienamente nella società di accoglienza. Questa capacità di abbracciare entrambe le identità potrebbe servire da ispirazione per le politiche di integrazione in Italia, promuovendo un approccio che valorizzi sia l’appartenenza al nuovo paese che il rispetto per le radici culturali degli immigrati.