La psicologia dello stalker, spesso la violenza è donna

Lo stalking è una serie di atteggiamenti che un individuo, di qualunque genere, affligge ad un’altra persona creando situazioni di disagio, con atti persecutori che possono sfociare nella violenza, generando stati di ansia e paura nella vittima, spesso compromettendo la normale quotidianità. Quando parliamo di violenza e di stalking, si pensa subito alla vittima e alle conseguenze, ma chi è lo stalker? In realtà, quest’ultimo, è la prima vittima, di se stesso, di un’infanzia infelice in cui non si sono avute le competenze per trasmettere bene e amore. Quello che gli studi hanno evidenziato e che riportiamo in modo riassuntivo, non intendono giustificare gli atti persecutori e violenti ma solo comprenderli. Ricordiamo che è sempre attivo il numero 1522, per denunciare violenze di genere e stalking.

Lo stalker, solitamente, è stato ignorato in tenera età, provocando un comportamento mirato alla ricerca continua di attenzioni, alla ricerca spasmodica di manifestazioni d’affetto ad avere continue ed ossessive  conferme. Nonostante la maschera dura e decisa, è molto insicuro, forse vittima di gesti che l’hanno messo a disagio, considerato dai genitori solo per rimproveri, sceneggiate in pubblico e denigrazioni. Il bambino/a impara che se urla forte, sferra un pugno al muro, bullizza un compagno, piange istericamente, attirerà le attenzioni di mamma e papà che si ricordano dell’esistenza del bambino.

Lo stalker sceglie la sua vittima con cura, cercando una persona che lo faccia sentire forte e adulato, da far diventare totalmente dipendente da sé, in modo da poter essere lui a disporre totalmente, a proprio piacimento dei sentimenti e della volontà dell’altro. È una relazione senza democrazia, in cui la vittima viene ridotta ad un involucro senza autostima, totalmente dipendete dallo stalker. Lo stalker non ha uno stile di attaccamento sano e cerca una persona con cui rivalersi di quello che ha
subito. Come nota Ferenczi, lo stalker diventerà simile a colui che ha sempre odiato, la causa delle sue insicurezze, sfogando sul partner tutti i suoi traumi in maniera passivo-aggressiva.

Quando parliamo di stalking si pensa sempre ad uomini violenti o persecutori che ledono la libertà e la salute, mentale e fisica, di donne che vengono automaticamente classificate come vittime. Questo perché, nella nostra società, la donna viene considerata l’elemento debole dotato di istinto di maternità, ma non sempre è una vittima. Anche il gentil sesso è capace di gesti abusanti o persecutori a cui, purtroppo, non viene data la giusta importanza, tendendo a minimizzarli e giustificarli. Inoltre, le pene per le stalker donna sono meno severe rispetto a quelle maschili, gap che aumenta considerando che raramente lo stalking al femminile sfocia nella violenza. Si tende a normalizzare la violenza femminile e di conseguenza si abbassa l’allarme sociale e si aumenta la resistenza dell’uomo, in questo caso vittima, a denunciare gli abusi subiti.

Secondo gli studi condotti, circa il 30% degli stalker è donna; dato falsato dalla scarsa inclinazione degli uomini a sporgere denuncia. Le vittime delle stalker in rosa, non sono solo uomini: spesso nel loro mirino ci sono la compagna del suo ex, la moglie dell’uomo per cui si è invaghita, collega di lavoro da cui si sente minacciata ecc. Inoltre, uomini e donne si differiscono anche per strategie: se i primi cercano di colpire fisicamente, con una presenza costante e persecutoria, le seconde usano metodi sottili e indiretti, colpendo ciò che è caro alla vittima, ad esempio infangando la reputazione o minando i rapporti sociali di ogni genere, da quelli di coppia a quelli professionali.

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