Difficile dire cosa è giusto e cosa no in senso assoluto. Quello che posso dire è che, anche con il senno di poi, rifarei quella scelta. Ci sono stati dei momenti in cui ho detto “forse ho fatto un errore”, ma non sono mai durati tanto.
Ci può dire cosa l’ha spinta, a freddo, ad aver preso questa scelta?
C’è un detto che recita: “Come fai una cosa le fai tutte”. Per me il modo in cui si fanno le cose ha una rilevanza pari, se non a volte superiore, alle cose stesse. Perché le singole azioni e le singole persone passano, ma le pratiche e gli stili restano. Ed è lì che, a mio avviso, un politico può fare la differenza. Su questo io e l’Amministrazione eravamo su due binari diversi, che in certe occasioni correvano paralleli, ma in altre ancora si scontravano, e quando gli scontri hanno compromesso il mio entusiasmo, la mia energia e la mia determinazione nel credere nella mia azione politica, ho capito che era il momento di fare un passo indietro. L’Amministrazione ha continuato a far bene il suo lavoro, io mi sono dedicato al mio.
Qual è la cosa su cui ha trovato più terreno di scontro?
Probabilmente la vicenda SNAI. Fra Calatino Ovest e Est la strategia SNAI aveva in campo quasi 100 milioni di euro. C’era la possibilità di avviare una grande opera di coinvolgimento e progettazione democratica come non avveniva da decenni, invece ogni Comune ha preso la sua quota di risorse per fare i propri interventi. Io ho un’altra concezione di “strategia”. Ideazione, pianificazione, condivisione, verifica…
Ha qualcosa da rimproverare a questa classe politica? Sia tra le file della giunta Roccuzzo che tra quelle dell’opposizione?
Non sono nella posizione di poter rimproverare perché sono il primo che in politica commette tanti errori, ma se posso lanciare un suggerimento è quello di elevare l’approccio alla comunicazione. Troppo spesso la comunicazione ha una direzione top-down: io faccio le cose, te ne informo, tu ascolti passivamente.
L’approccio vincente è quello opposto, a mio avviso, cioè comunicazione intesa come cittadino che parla all’Istituzione, e questa ascolta e mette in pratica. Nel mio mandato ho provato a seminare questa buona pratica. Con Politèia, la Consulta Giovanile, la Consulta dello Sport, il Patto per la Lettura. Si partiva dal presupposto che l’agenda politica dovesse essere condivisa e comunicata (cioè messa in comunione) con gli attori del territorio. Oggi ho difficoltà a individuare residui di questo modus operandi.
Non ritiene di aver disilluso tanti giovani che l’avevano scelta per rappresentarli nella vita politica della città?
Sicuramente è così e me ne dispiaccio. Ne sono cosciente perché continuo a frequentare settimanalmente la Consulta Giovanile, e mi è capitato più volte di parlare con giovani che sono rimasti delusi dalla mia scelta. Però proprio da quell’ambiente stanno venendo fuori i politici del domani, se non dell’oggi, ma figurarsi se la politica odierna fa la fila per ascoltarli e accoglierli.
Sì, c’è stata delusione e hanno le loro ragioni, è evidente, ma non credo che un politico debba essere un “people pleaser”; ovvero non necessariamente deve “far contente” le persone, quanto deve cercare di avere una visione di lungo raggio e di ampio respiro, che talvolta sfugge a una riflessione invece estemporanea. Va bene ascoltare la propria comunità, ma poi la politica deve prendersi anche la responsabilità di fare scelte non condivise da tutti, perché ha una visione più ampia e complessiva dell’interesse di una singola categoria. Questo se vuole cambiare la società, poi il consenso elettorale è un altro paio di maniche…
Stiamo parlando ancora dei giovani o della pista ciclabile?
Un po’ e un po’. La gestione della vicenda della pista ciclabile ha dato una rappresentazione di come facciamo politica a Caltagirone. Avrei preferito venisse scritta una pagina diversa, ma come dicevo all’inizio non si sa mai qual è la cosa giusta da fare. Non è mai facile prendere decisioni, quindi non voglio attaccare nessuno, però penso che debbano essere le visioni a dover orientare i processi politici, non gli umori.
Quali progetti politici prevede per il prossimo futuro Luca Giarmanà?
Buttare giù il governo Meloni, se si riesce. [ride]
Scherzi a parte, penso alla politica come un processo collettivo quindi per me è più utile ragionare adesso al prossimo futuro della mia parte politica. La Sicilia intera è in ginocchio, e fatico a trovare proposte di rivoluzione da parte della parte progressista. Uso il termine rivoluzione non a caso, ma proprio perché solo proposte di netta sterzata possono ricondurre il nostro territorio sui binari di uno sviluppo equo e sostenibile. Vedo tanta discussione sulle persone e sui ruoli, invece ne dovremmo fare di più sui processi e sulle azioni.
Io sono a disposizione della mia parte politica, ma serve un guizzo collettivo.
Lanci una provocazione che riesca a stimolare un dibattito che ritiene necessario in questo momento storico anche a Caltagirone.
Me ne permette due?
- Siamo fuori dal circuito di trasporti che dalla Sicilia sud-orientale conduce agli Erei. I tanti turisti che visitano Siracusa e Ragusa non hanno collegamenti diretti per Caltagirone con bus o treni. Hanno bisogno di tornare a Catania, dove sono atterrati, per poi eventualmente arrivare a Caltagirone. È un tema che va affrontato a livello locale, provinciale e anche regionale. Possiamo far fronte comune su questo?
- L’emergenza dis-abitativa. Abbiamo centinaia di immobili sfitti e abbandonati. Tanti al centro storico da tempo, ma adesso cominciano ad affiorare anche al centro nuovo interi segmenti spopolati. Rischiamo di trasformare la città in un amalgama di quartieri fantasmi, mentre le giovani coppie hanno difficoltà a trovare un affitto alla portata del loro reddito.
Sono solo due esempi di tanti temi che potrebbero e dovrebbero essere affrontati strategicamente prima dalla politica, che ne ha la prima responsabilità, e poi dall’Amministrazione, locale e regionale.
È un’impellenza condivisa? Me lo auguro.