“Dipende da te”, la nostra intervista a Simone Digrandi

Si chiama Simone Digrandi, ragusano, classe ’84. Ma potrebbe chiamarsi Luca, Edoardo, Lucia, Angela. Potrebbe anche abitare in una provincia qualsiasi del centro o del Nord Italia. Perché questa, non è solo la sua storia, ma la storia di un’intera generazione, che sta attraversando una crisi esistenziale.

Una crisi che si fonda sull’autodeterminazione che passa attraverso la propria realizzazione, rompendo di schemi, quando e se serve. Simone, nel momento in cui tutti i giovani dai piccoli centri si trasferivano per studiare e per poi restarvi per lavorare nelle grandi Città o all’estero, dopo un’esperienza a Perugia, ha deciso di tornare a Ragusa e di restarci. Ha creduto fermamente in questa scelta, nonostante all’inizio in molti si mostravano scettici a riguardo e tentavano di dissuaderlo, temendo che questa scelta potesse rivelarsi una perdita di tempo o una grande delusione.

“Giovane imprenditore, fondatore associazione Youpolis di cui è tuttora Presidente onorario. Uno dei soci di Formability, consulente del Sindaco Cassì per le politiche giovanili”.

È così che si definisce, sul sito dedicato, l’autore del libro “Dipende da te”, il risultato di appunti raccolti negli anni di riflessioni, comprese anche citazioni di libri e film preferiti da Simone.

“Dipende da te” è stato presentato per la prima volta nel gennaio 2016 a Ragusa. Tuttavia a distanza di tre anni resta molto attuale. Abbiamo incontrato Simone e parlato davanti a un caffè. Ci ha rivelato che a distanza di tempo riscriverebbe quello che ha scritto, forse aggiornato e integrato.

Ciò che rende questo libro interessante è il fatto che la sua presentazione non è un processo unilaterale o autoreferenziale in cui l’autore racconta i contenuti del libro, ma che sin dai primi incontri, il libro è stato utilizzato come mezzo per entrare in sintonia con il pubblico che partecipa agli incontri, solitamente una platea di giovani studenti in una fase particolare della propria vita: il 3°, 4° e 5° anno della scuola superiori.

Come spiega Simone, l’ultima presentazione si è svolta ad Aci Catena, un incontro organizzato dalla consulta giovanile. E con suo grande stupore l’entusiasmo dei ragazzi non ha fatto che confermare quanto ancora “Dipende da te” possa essere utile a far riflettere, ad aiutare i ragazzi a guardarsi dentro. Così come ha fatto Simone qualche tempo fa. Simone Digrandi non si racconta solo nel libro, gli aneddoti ed episodi più significativi che lo hanno portato a ciò che è oggi rivivono all’inizio di ciascun incontro.

«Bisogna aprirsi a un’esperienza – dice Simone – non la propongo la mia storia come una soluzione a tutto, ma uno stimolo per conoscersi meglio e mettersi alla prova. Credo che gli incontri motivazionali dovrebbero essere obbligatori nelle scuole – dice – non so quanto la mia esperienza abbia contribuito ma spero di aver piantato un semino in ognuno di loro», ricordando con affetto gli incontri organizzati con Scuola Zoo.

Simone crede fermamente che ancora ci sia tanta voglia di riscatto e menziona l’ultimo incontro svoltosi a Ragusa per far conoscere il progetto “Resto a sud”.

«Un incontro molto partecipato – dice Simone – evidentemente sta emergendo la consapevolezza che è possibile tornare. Chiaramente per riuscire occorre mettersi in discussione e fare qualcosa di diverso. Nel mio caso nel 2010 ho iniziato da solo, mi occupavo di siti web e grafica. Oggi social media management, poi dal 2015 -2017 siamo stati rete di professionisti per poi diventare una società di professionisti con uno spazio co-working, e dopo la convivenza il matrimonio», scherza Simone che spiega come abbia lottato per ottenere un cambio di mentalità.

«Io sono laureato in scienze politiche, in azienda abbiamo diversi compiti, un po’ come spiega più volte nel libro in cui sottolinea l’importanza di “fare squadra” e della divisione dei ruoli».

Alla domanda su quando ha iniziato ad acquisire consapevolezza sull’aver intrapreso il percorso giusto, risponde: «Dopo un paio d’anni. Anche perché per veder prendere vita un progetto oltre che l’intraprendenza serve anche pazienza».

Infine qualche parola sull’utilizzo dei social e del web. Simone ne parla anche nel libro, ma in quanto “strumento” è bene ricordare che è fondamentale scegliere come utilizzarli. Secondo l’autore del libro se da un lato i social e la comunicazione sul web “unisce”, dall’altro spesso si incappa in un “pessimismo dilagante”, a cui si aggiunge (oggi forse un po’ meno) disinformazione sull’imprenditoria giovanile. Inoltre vedere su internet le esperienze degli altri che lavorano altrove spesso, secondo Simone, «serve a mistificare chi se ne va.

Tantissimi gli articoli che raccontano storie di giovani che scelgono di lavorare all’estero perché in Italia non avrebbero trovato sbocchi. In alcuni casi si esagera – dice Simone – Come ad esempio chi va all’estero per lavorare come Infuencer sul web, una professione che si potrebbe fare anche da noi. Si è sempre parlato poco di chi resta, altrimenti non se ne parla mai. Tante storie di persone che hanno deciso di restare e investire sull’agricolo.

Altro punto su cui vorrei insistere la definizione di bamboccioni, in realtà siamo una generazione. C’è stato uno sbracciarsi, ci si è resi conto che in alcuni settori c’era la necessità di muoversi con diverse iniziative così com’è accaduto a Ragusa, il cui centro storico si anima sempre più spesso di iniziative come il “Birrocco”, “A tutto volume” e le feste patronali».

Ci auguriamo che molti giovani come Simone, nel proprio percorso di crescita personale e professionale, scelgano di restare o tornare nella propria Città e di trovare il successo meritato.

Servizio di Giada Giaquinta

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