Dal Caltagirone all’Atalanta: l’appassionante storia del Dott. Randazzo

Dal Caltagirone all’Atalanta, l’appassionante storia del dott. Giacomo Randazzo

Un uomo che ha dedicato tutta la sua vita al calcio, partito da un paese vestito di biancorosso ed approdato a Bergamo per coronare il sogno di una vita.  A 11 anni era un’entusiasta mascotte della prima squadra di Caltagirone, la “Calatina”, da adulto divenne segretario della sua squadra del cuore e successivamente ottenne il gran debutto nel calcio professionistico con Siracusa ed Atalanta, vestendo cariche importanti e prestigiose. Una storia coinvolgente ed intensa, Giacomo Randazzo ha colto l’essenza del calcio e del suo mestiere attraversando diversi periodi storici, dal calcio in terra battuta con mezzi fortunosi, al grande spettacolo della Serie A dove tutto brillava di luce propria.

Quando e come nasce la sua passione per il calcio?

La mia passione per il calcio nasce all’età di 11 anni, mi sono avvicinato a questo sport quando mio padre mi portò a vedere la prima squadra del Caltagirone, la “Calatina”, giocava alla Villa Comunale, non c’era ancora un campionato regolare e una struttura regolare, e da lì è nata una scintilla, fu un trasporto irresistibile. Non ero un attore principale ma come curioso di quel fenomeno che stava nascendo, sono diventato la mascotte della squadra. Quando la Calatina si è strutturata in campionati regolare io fui la prima mascotte che seguiva con la squadra in giro per la Sicilia.

Lei ha speso tutta la sua vita per questo sport, esperienze importanti gratificanti

Lo studio mi ha portato alla maturità classica, ma l’incontro, a 19 anni, con il giornalismo del calcio dilettantistico mi ha aperto tante porte, diventando corrispondente sportivo de La Sicilia di Catania, il mio interesse per il calcio non era solo basato sull’aspetto spettacolare ma ad appassionarmi era anche tutta l’organizzazione che c’era dietro. Dopo la prima esperienza come segretario nel Caltagirone calcio, ci fu la chiamata del Siracusa calcio e divenni a tutti gli effetti un professionista.

 Cosa ricorda degli anni a Caltagirone?

Ho iniziato nel 1958 come segretario all’As Caltagirone, dalla Villa si era passati al campo “Peppino Alì” e poi allo stadio dell’Aquila, successivamente denominato stadio Agesilao Greco, costruito nel 1954. C’era grande entusiasmo intorno al Caltagirone, dalla Promozione scalò le categorie fino alla quarta serie ed io ero lì a cantare le lodi di questa squadra. C’erano tanti calciatori locali importanti come Parisi, Testa, Bongiorno, Messina, il vivaio biancorosso ha sfornato sempre ragazzi che si sono affermati in ambito regionale e semiprofessionistico. La squadra aveva tanti problemi di ordine finanziario ma siamo riusciti comunque ad affermarci in una serie D di valore, c’erano tanti giocatori che venivano a chiudere la carriera da noi ma erano comunque giocatori di ottimo livello, il Caltagirone difatti aveva le giuste carte per confrontarsi con chiunque, anche con realtà più blasonate. Ho terminato la mia esperienza in biancorosso nel 1962, quando ho lasciato la squadra c’era il Presidente Giuseppe Mastriforti, successivamente sono andato al Siracusa, dopo 8 anni ho avuto la fortuna e la bravura di approdare in un fiore all’occhiello del calcio italiano, ovvero l’Atalanta.

Dopo un passato al sud, arriva una piazza importante come quella di Bergamo, con l’Atalanta lei fu segretario, direttore generale e presidente del club. Cosa le ha insegnato il mondo della DEA?

E’ un mondo sano, Bergamo è una città splendida, dedita alla fatica, al sacrificio e al lavoro incessante. I presidenti dell’Atalanta non hanno mai fatto mancare nulla alla squadra, era tutto preciso, ricordo che il presidente Achille Bortolotti una volta mi disse: “ricordi che nessuno mi ha mai tirato per la giacchetta”, ovvero che correttezza e precisione sono sempre stati al di sopra di tutto, questo mi ha insegnato Bergamo.

Secondo lei tra il calcio che viveva lei e quello attuale, cosa è cambiato?

E’ cambiato tanto, si è evoluto in positivo, ovviamente dal punto di vista finanziario ha molte più possibilità di prima, le attuali strutture sono molto più adeguate rispetto a prima e anche più tecnologiche, adesso la pubblicità e i media sono protagonisti assoluti del calcio, inoltre c’è anche molta più preparazione rispetto agli anni precedenti. Sul piano tecnico adesso c’è più attenzione nella cura dei dettagli. Quando ho iniziato, 50 anni fa, c’era solo l’allenatore, ora c’è allenatore portieri, preparatore atletico e tutti i componenti dello staff, è giusto così.

Capitolo Caltagirone, lei ha lasciato nella sua città un pezzo di cuore, oltre che tanti amici, lo testimonia il continuo affetto ed interesse che nutre nei confronti del Caltagirone calcio

Il cordone ombelicale non si può tagliare, di amici nomino per esempio Rocco Testa con cui abbiamo un contatto continuo a testimonianza della bella amicizia nata in passato. Soprattutto però, l’amore per i colori biancorossi non è mai svanito, quando posso seguo sempre le vicissitudini della squadra con affetto e interesse. Sono nato biancorosso è impossibile rimuovere questo legame. Mi dispiace vedere una struttura come lo stadio Agesilao Greco così fatiscente, sono anni che sento di possibili ristrutturazioni per dare vita al tempio del calcio ma fino ad adesso non si è ancora fatto niente, per chi ha dei ricordi indimenticabili in quello stadio è un vero peccato vederlo così. Un bene pubblico, comunale, abbandonato in questo stato, è assurdo ed indecoroso.

C’è una partita dei biancorossi che ricorda maggiormente?

Ricordo due partite in particolare, entrambe giocate al campo “Peppino Alì”, Caltagirone-Trapani finì 1 a 0 per noi con gol involontario dell’arbitro, il siracusano Concetto Lo Bello, un pezzo di storia del calcio. La seconda partita che ricordo era contro la squadra di Agrigento, c’era un vento impetuoso, vincevamo 2 a 0 nel primo tempo, ma la partita al triplice fischio finì 3 a 2 per gli avversari, con un gol del portiere ospite. Il vento ci penalizzò.

Qual è stata la sua più grande soddisfazione?

Essere un uomo del sud affermato al nord, un siciliano approdato a Bergamo, facendo parte, per molti anni, di una perfetta macchina organizzativa, affermandomi in ruoli importanti, prima segretario generale, poi direttore generale e infine presidente.

Foto esclusive fornite dal dottor Randazzo dal suo libro “Il mio Caltagirone”

 

Diletta Sirna

 

 

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