CULTURA – Totò il principe che amava i cani

CULTURA – Totò il principe che amava i cani: “Il cane è ‘nu signore, tutto il contrario dell’uomo” profondo amatore degli animali.

Cultura. Come ben si sa il principe Totò De Curtis, oltre ad essere il grande genio dello schermo, è stato anche un filantropo, pronto verso i bisognosi.Ma non tutti conosco dell’amore che nutriva verso gli animali, da lui considerati come “cristiani”.

In particolar modo amava i gatti, ma non riuscì ad affezionarsi perché li considerava restii ai rapporti con gli essere umani, di conseguenza dedicò la sua vita a proteggere qualsiasi tipo di cane.Le testimonianze di questo legame sono state raccolte e pubblicate da Vittorio Paliotti nel libro “Totò, Principe del Sorriso“.

La primissima poesia mai scritta Totò fu dedicata proprio al suo cane, un barboncino di nome Dik. Nell’ opera il principe Antonio de Curtis si chiedeva cosa avesse fatto se avesse perso l’adorato cane. La poesia nel 1950 si rivelò profetica: durante le riprese a Roma di “Totò cerca moglie”, l’attore perse Dik mentre lo portava a passeggio ai Parioli.

Come raccontò, il cugino e segretario Eduardo Clemente: “Affranto, anzi avvilito, mi incaricò di far stampare e affiggere, in parecchie strade dei Parioli, dei manifesti attraverso i quali si prometteva una ricompensa di 10.000 lire a chi avesse riportato il barboncino smarrito. Ricordo che bussarono alla casa di Totò, in via Bruno Buozzi, non meno di dodici persone con altrettanti cagnolini. Totò volle dare una mancia a tutti, anche a coloro che, palesemente, si erano presentati solo con l’intento di scroccare qualcosa. Cinque giorni dopo, Dik ritornò spontaneamente a casa. Appariva smunto e affaticato. Totò piangeva, quando lo riabbracciò. E Dik scuoteva la coda”

Forse, il cane che Totò amò di più fu il bastardino Mosè, che assistette mentre un’auto investiva l’ animale, privandolo dell’uso delle zampe anteriori. Totò decise di prenderlo e portarlo dal miglior veterinario del tempo, il dottor Mascia, che in seguito descrisse quel rapporto:

Dopo oltre un mese di medicazioni e di cure potei comunicare a Totò che Mosé era da considerarsi salvo. Accarezzò il cane e parve infinitamente felice. Poi ebbe uno scatto: “Dottore, io voglio che Mosé cammini. Dottore, vedete di fare qualcosa”. Pensai allora di rivolgermi all’istituto ortopedico dell’università di Roma. Due tecnici dell’università ebbero l’idea di costruire una protesi a rotelle che venne applicata, con delle cinghie, al corpo del cane. Quando vide Mosé camminare, Totò volle abbracciarmi. Piangeva”.

La foto di Mosè con la protesi fece il giro del mondo ed attirò sull’attore le critiche di chi non aveva gradito tante attenzioni per un solo animale. Dal 1960 al giorno della sua morte, Totò costruì e gestì, un “Ospizio dei trovatelli” che ospitò ben 256 cani abbandonati e randagi. Purtroppo, però, alla sua morte vennero a mancare le risorse economiche, ma prima di morire, l’attore si fece promettere dal cugino di garantirr un futuro ai suoi randagetti.

Fu così, che il cugino Eduardo Clemente si vide costretto a smistare personalmente i 30 cani rimasti nell’ospizio nelle case di persone di buona volontà e ad adottare insieme al veterinario, gli ultimi quattro cani disprezzati da tutti perché troppo malridotti. Mosè, morì un mese prima del padrone e fu l’ultimo grande lutto del Principe. In un’intervista fatta da Oriana Fallaci dichiarò: “Il cane è nu signore, tutto il contrario dell’ uomo“.

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Foto articolo: immagine di repertorio

 

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